La liberazione dei campi e l’Olocausto di Roma
Le discriminazioni razziali e la nascita dei campi di concentramento
Dal 1938 l’Italia si era allineata alla politica della “difesa della razza” mutuata dall’alleato tedesco, con le vergognose leggi promosse da Mussolini e controfirmate dai Savoia. Ai bambini ebrei fu impedita la frequentazione delle scuole, il personale ebreo fu epurato dalle amministrazioni e dai pubblici uffici, i loro beni furono confiscati. Venne istituito l’E.G.E.LI. (Ente di gestione e liquidazione immobiliare ) a seguito del Regio decreto legge 9 febbraio 1939, n. 126, per curare la gestione e la liquidazione dei beni ebraici.
I censimenti avviati allora dall’amministrazione italiana si rivelarono determinanti per le deportazioni messe in atto dai nazisti, proprio a partire dal 1943.
Sorte peggiore occorse agli ebrei stranieri, a meno che non fossero giunti in Italia prima del 1918.
Spesso erano emigrati dai loro paesi proprio per sfuggire alla persecuzione tedesca, ma nel 1938 le leggi razziali imposero loro di lasciare l’Italia pena l’arresto.
Erano previste distinzioni tra sudditi di paesi nemici e cittadini ebrei di paesi in cui venivano applicate politiche razziali, così come era prevista la detenzione in campi di concentramento o l’internamento “libero”. Nel 1940 furono pertanto istituiti 15 appositi centri di concentramento su tutto il territorio nazionale, soprattutto per la detenzione degli ebrei stranieri ma anche di altri oppositori del regime.
Per un una descrizione più ampia delle persecuzioni ebraiche in Italia si consiglia la visione della mostra on line dello Shoah Museum realizzata dal CDEC Milano.
I documenti che seguono provengono dall’Archivio Centrale dello Stato (riferimento: ACS, Massime M4, b.134, f.16, ins. 36-Salerno). In essi vengono riportate le attività iniziali relative al campo di Campagna, isolato comune nel salernitano. La relazione sui possibili luoghi da individuare e le indicazioni del prefetto D’Andrea sulla presenza di una colonia per internati (1940) testimoniano le attività preparatorie predisposte dal governo fascista.
ACS -relazione sui possibili luoghi dove allocare i campi di concentramento 1 febbraio 1943
ACS telegramma del prefetto D’Andrea sui luoghi di detenzione nel Salernitano 10 giugno1940
Il Campo di Ferramonti
Il Campo di Ferramonti di Tarsia, nei pressi Cosenza, fu, per numerosità di popolazione, il più grande in Italia. I confinati ebrei si dotarono di un’organizzazione interna e alcuni rimasero al campo anche dopo la sua liberazione, ma ciò non deve trarre in inganno sulle condizioni del luogo, che restavano durissime, le precarie condizioni igieniche e più generale le condizioni ambientali del campo aggravavano la già triste situazione di privazione della libertà per motivi razziali.
Israel Kalk, lituano giunto a Milano negli anni venti, non rientrò tra i gli ebrei stranieri soggetti ad espulsione e grazie a questa sua condizione riuscì ad organizzare una rete di assistenza per i meno fortunati fino al 1943 quando trovò rifugio in Svizzera. Al suo rientro si dedicò a raccogliere testimonianze e ricordi degli internati di Ferramonti. Dalla sua documentazione si ricava la visione realistica della vita nel campo.
Le condizioni del campo erano malsane, la sua popolazione superò le duemila unità e solo la sua liberazione, in contemporanea con la liberazione del Sud Italia, evitò alla sua popolazione conseguenze simili a quelle toccate ai detenuti degli altri campi, avviati verso i lager tedeschi e polacchi.
A Ferramonti, come si è introdotto in precedenza, fu possibile organizzare attività per ragazzi grazie anche all’organizzazione di Israel Kalk e a marzo, in occasione di una sua visita, venne organizzato addirittura un concerto.
Negli anni trenta erano presenti in Italia molti artisti ,sfuggiti alla pesante situazione in nord Europa, ma molti purtroppo finirono nei campi, tra loro alcuni musicisti che contribuirono a rendere un po’ meno pesanti le giornate degli altri detenuti. Ad alcuni di loro e al concerto a Ferramonti è dedicata una interessante mostra online.
Ferramonti fu il primo campo di concentramento ad essere liberato dagli Alleati, il 14 settembre 1943, dai soldati inglesi in risalita dalla Calabria. A loro si deve anche il filmato che segue e che documenta la partenza di alcuni internati. Questo video appare costruito per dare una rappresentazione favorevole della liberazione del campo.
IWM – immagini girate per documentare la liberazione del campo di Ferramonti dall’esercito inglese.
Le condizioni del campo sono testimoniate dalle foto disponibili on line sulla Digital Library del Centro di Documentazione Ebraica contemporanea di Milano delle quali vi offriamo una piccola selezione per documentare la vita nelle baracche, la presenza, in reclusione, di numerosi bambini.
Queste immagini, seppur neppure lontanamente paragonabili a quelle dei campi in Germania e Polonia, devono però essere interpretate alla luce del contesto generale, ovvero relativo a persone che non avevano commesso alcun reato e che si trovavano deportate dai luoghi di residenza e private delle principali libertà.
Digital Library CDEC – Ferramonti disegni dei bambini – fondo Isreal Kalk busta 7 , fascicolo 109
Il campo di internamento di Campagna
A Campagna, in provincia di Salerno, il Ministero dell’Interno organizzò un altro luogo di raccolta per i rifugiati ebrei a metà del 1940.
Il campo, dislocato inizialmente in due caserme, rimase attivo fino all’arrivo degli alleati nel settembre del 1943 nel corso dell’Operazione Avalanche. I detenuti in quei giorni erano già riusciti a lasciare la caserma in cui erano rinchiusi.
Nonostante i lavori di ristrutturazione che avevamo preceduto l’apertura del campo i locali erano in alcuni casi molto malsani perché interrati, e una delle due caserme fu sgombrata perché alcuni crolli la resero inagibile.
I servizi igienici erano in numero ridotto e largamente insufficienti per una popolazione che nel corso degli anni di attività aveva superato i limiti previsti. Eccezionalmente fu concesso ad alcuni internati di affittare delle camere ammobiliate dove, per poco tempo al giorno, potevano recarsi per lavarsi.
Ciò fa pensare che a Campagna il regime di detenzione fosse probabilmente un po’ meno duro che altrove e la sua allocazione in due strutture all’interno del paese favoriva una relativa integrazione con la popolazione locale.
Nonostante ciò, si trattava comunque di regime di coatto di detenzione di molti uomini in condizioni malsane.
Dai fascicoli presso l’Archivio Centrale dello Stato emerge che la situazione aveva generato alcune perplessità a Roma al punto che fu inoltrata una richiesta spiegazioni alle autorità locali da parte del PNF.
Nella relazione che pubblichiamo si evidenzia, seppur nella estrema concisione del testo, che le condizioni di vita non erano ottimali, anzi pericolose per la stessa vita degli internati.
Infatti vennero inoltrate alcune richieste, come quelle della Delasem e della Nunziatura Apostolica che seguono, al fine di perorare il miglioramento della condizione di vita dei prigionieri.
ACS Delasem richieste per internati di Campagna
ACS Nunziatura Apostolica richiesta interventi per internati di Campagna
Le richieste erano talvolta semplici, come quella di maggiore illuminazione, in altri documenti presenti presso l’Archivio di Stato si evidenzia proprio come fossero presenti, per ampie camerate, solo due lampadine, per altro poco funzionanti. Altra richiesta singolare fu che la censura venisse effettuata da agenti in grado di capire bene le lettere, dato che l’ignoranza dei controllori risultava in una censura eccessiva per la corrispondenza.
CDEC Digital Library – Fondo Israel Kalk – David Heger ed Emil Singer forse nel campo di Campagna, dove David Heger fu rinchiuso dal settembre 1940 (1940 – 1943) rif. 283-s039-005
CDEC Digital Library – gli internati al fiume di cui si parla nella richiesta della Nunziatura apostolica. Campagna (estate 1941) rif. 283-s039-003
Nel 1942 perviene al Ministero una richiesta dell’allora Vescovo di evacuare il campo per dedicare la caserma utilizzata alla raccolta di ragazzi senza famiglia. La richiesta ottiene un diniego.
ACS richiesta di monsignor Palatucci di spostare altrove i detenuti di Campagna
ACS diniego alla richiesta del monsignor Palatucci 1942
Le due foto che seguono “raccontano” la documentazione precedente, ovvero la visita di Monsignor Palatucci al campo di Campagna e gli internati stranieri, il cui aspetto, sobrio e decoroso nonostante la difficile condizione di reclusione, stride con l’aspetto dei bambini locali.
CDEC Digital Library – Monsignor Palatucci in visita al campo (ottobre 1940) rif. 283-s039-002
CDEC Digital Library – Aron Windwehr a Campagna, affiancato da un bambino(1940-1941) rif. 647-030
CDEC Digital Library – Aron Windwehr con altri uomini a Campagna (1940-1941) rif. 647-018
Nella prima foto, ad accogliere il Vescovo, Davide Wachsberger, rabbino di origini polacche di Fiume. Fu trasferito nel 1941 e mori nel 1942. Il luogo di morte è incerto per la fonte CDEC morì a Fiume; sulla base di scarna documentazione ACS per Gabriele Rigano sarebbe morto internato nel campo di Quero a Belluno).
Aron Windwehr, la persona ritratta nelle ultime due foto, dopo la detenzione a Campagna riuscì a trasferirsi prima a Roma e poi a Milano, cercò di emigrare in Svizzera ma non fu accolto. Imprigionato nel gennaio del 1945 fu rinchiuso a San Vittore dove fu liberato dopo la fuga dei tedeschi(fonte CDEC).
Roma e le conseguenze dell’avanzata alleata
Lo sbarco a Salerno e la vittoria degli Alleati evitò, tranne per alcune rappresaglie messe in atto dai nazisti nel mentre della battaglia, conseguenze peggiori ad ebrei e oppositori residenti nel Sud Italia.
Oltre la linea del fronte invece la situazione peggiorò sensibilmente e i tedeschi cominciarono a perseguire i propri obiettivi in danno della popolazione di religione ebrea. Immediatamente dopo l’occupazione di Roma, Heinrich Himmler ordinò a Herbert Kappler “una immediata soluzione del problema ebraico nei territori recentemente occupati”, e pochi giorni dopo la caduta di Napoli i nazisti avviarono i rastrellamenti di massa nel Ghetto di Roma. Era il 16 ottobre 1943. Degli oltre 1200 arrestati, circa 1000 vennero immediatamente avviati ad Auschwitz. Di questi, solo una donna e 15 uomini faranno ritorno.
Nel rapporto di Kappler si legge che il piano fu eseguito “come meglio possibile”, segno dell’accelerazione imposta dagli eventi.
Kappler evidenzia che, per esiguità di risorse e per la natura di Roma “Città Aperta”, non era stato possibile isolare gli interi quartieri e che le operazioni furono eseguite soprattutto dai militari tedeschi, a causa delle “inaffidabilità” della polizia italiana in questi casi.
Kappler rileva una generale attitudine di resistenza passiva della popolazione italiana che si trasformò, come scrive, in resistenza attiva in alcuni casi.
Nelle parole a caldo di Kappler si cela anche la spiegazione di come mai il rastrellamento di Roma consentì ai tedeschi di arrestare “solo” 1000 cittadini romani di religione ebraica sugli oltre 7000 che vi risiedevano.