Storie, le parole dei protagonisti
La “Storia” delle persone comuni
La vita di centinaia di migliaia di persone fu attraversata dagli eventi del settembre 1943 e di certo quell’esperienza, come per tutti quelli che hanno vissuto la seconda guerra mondiale, si è cristallizzata nei loro cuori e nelle loro menti. Alcuni hanno tradotto quelle esperienze in pagine o hanno lasciato traccia delle propria testimonianza, grazie anche all’impegno di ricercatori che hanno lavorato affinché queste preziose testimonianze non si volatilizzassero per sempre con la scomparsa dei loro custodi.
Sono testimonianze di come la “Storia” travolge la vita di persone comuni
Norman Lewis
Norman Lewis è certamente uno dei testimoni più illustri di quei mesi di guerra e di disperazione. Nel 1943 è al servizio dell’Eighthy Army nel Security Field Police e racconta la sua esperienza italiana in un libro che diventerà uno dei più famosi resoconti di guerra: “Naples 44”.
Lewis diventerà uno scrittore molto apprezzato tanto che lo stesso Graham Green lo pone tra i più grandi scrittori britannici della sua era. Il suo racconto è ovviamente focalizzato sulla sua esperienza con il colorito e tragico scenario della Napoli occupata dagli alleati ma dedica un lungo prologo all’esperienza dello sbarco.
“E’ stato il più grande sbarco dall’inizio della guerra, probabilmente il più grande della storia, e le navi che gremivano il mare fino all’orizzonte non si contavano, eppure noi eravamo impotenti e sperduti come pivellini. Nessuno sapeva dove fosse il nemico, ma i corpi sulla spiaggia ne attestavano quanto meno l’esistenza.”
Due tratti emergono dal suo racconto, lo stupore nell’ammirare i paesaggi e le vestigia in cui si imbatte e, in contrasto, gli effetti della guerra che l’esercito, cui lui stesso appartiene, ha contribuito a determinare.
9 settembre
“Abbiamo visto il luccichio di case bianche tra boschi e frutteti, e in lontananza grappoli di paesi abbarbicati sulla cima delle colline. Qua e là, immobili colonne di fumo segnalavano la presenza della guerra, ma nell’insieme l’impressione era quella di una splendida, tranquilla sera di tarda estate su una spiaggia mitica dell’antichità.[…] “
“Mentre il sole cominciava a immergersi maestosamente nel mare dietro di noi, abbiamo camminato senza meta in questo bosco pieno di cinguettii, e all’improvviso ci siamo ritrovati al suo margine. Al nostro sguardo si è offerta una scena di incanto soprannaturale. A qualche centinaio di metri si ergevano in fila,perfetti, i tre templi di Paestum, superbi e splendenti di luce rosata negli ultimi raggi del sole. E stata come un’illuminazione, una delle grandi esperienze della vita“.
A questa immagine così evocativa, al “viaggio del soldato Norman” nell’Italia dell’arte e della storia, ci siamo ispirati per un murales, realizzato dall’artista Alfonso Mangone, che abbiamo posto sulla spiaggia del settore Roger a Battipaglia, per ricordare, non con le immagini di una tragedia ma con lo stupore dell’animo umano che coglie l’essenza di una terra antica.
Di contro Norman Lewis è impressionato dalle vicende della guerra, della sua crudezza e degli effetti sui civili inermi ed è consapevole che tutto ciò non è solo prodotto dell’ineluttabilità distruttiva dell’ armis confligo ma dalla determinazione degli uomini.
“A Battipaglia si cambiava, e così ho avuto occasione di studiare da vicino gli effetti del bombardamento a tappeto voluto dal generale Clark, Il Generale è diventato l’angelo sterminatore dell’Italia del Sud, incline al panico, come a Paestum, e poi a reazioni violente e vendicative come quella che ha portato al sacrificio di Altavilla, cancellata dalla faccia della terra perché forse nascondeva dei tedeschi. Qui a Battipaglia abbiamo avuto una Guernica italiana, una cittàtrasformata in pochi secondi in un cumulo di macerie.“
Arturo Carucci
Arturo Carucci è il giovane cappellano del Sanatorio di Salerno nel 1943. E’ nato nel 1912 ed ha 4 anni in meno di Norman Lewis che è imbarcato su una di quelle navi che vede dall’ospedale approssimarsi alla rada di Salerno.
Anche la sua diventerà durante i giorni di Avalanche una posizione di “combattente” a difesa dei malati ospitati presso la struttura. L’ospedale è situato su una collina di Salerno in posizione strategica, proprio lungo la linea del fronte tra tedeschi e inglesi, per questo diventa un campo di battaglia in cui fa la sua comparsa, come racconta don Arturo Carucci anche il generale Clark
Il giovane Cappellano e gli altri dirigenti decideranno di affrontare una sorta di “traversata nel deserto” per portare in salvo i malati e il personale da Salerno a Napoli, attraverso il valico di Chiunzi, che dalla Costiera Amalfitana conduce a Nocera. Di quella esperienza ci consegnerà un racconto nel 1945.
Il sanatorio di Salerno, nelle parole di Carucci, diventa un luogo nel quale transitano alternativamente tedeschi e inglesi, quasi come il palcoscenico delle commedie di De Filippo, con malati e personale presi in mezzo, appesi all’incertezza.
La Memoria Fragile di Senza Rossetto
L’associazione Mubat ha collaborato con l’Archivio Senza Rossetto con la realizzazione di due interviste a Gerardina Di Cunzolo e Rosa Alfano di cui riportiamo qui due brevi pillole. Le due donne raccontano, con dissimili punti di vista, il periodo della guerra e la vita che ne derivò.
L’archivio “Senza Rossetto” ha realizzato nel 2016 un percorso all’interno dell’immaginario femminile a cavallo della seconda guerra mondiale. Uno degli effetti della fine della guerra fu la decisione, maturata proprio durante l’esperienza del governo provvisorio a Salerno, che il popolo italiano avrebbe avuto diritto a determinare in autonomia il proprio futuro. Nel 1946 si tenne il referendum monarchia/repubblica a suffragio universale, per la prima volta poterono votare in tutta Italia le donne (alla maggiore età, 26 anni).
Gerardina Di Cunzolo_2 from Regesta.exe on Vimeo.
Rosa Alfano from Regesta.exe on Vimeo.
Archivio Audiovisivo Senza Rossetto
Rosa Alfano ricorda in questo breve estratto il clima politico e sociale a Battipaglia durante il ventennio
Cecil Geldard
Quello che segue non è strettamente un documento storico ma una ricostruzione fatta sulla base di lettere e altre informazioni provenienti da archivi. E’ la storia di un giovane aviatore che dal Sud Africa di ritrova in Italia e muore a seguito della caduta del suo aereo, il suo corpo fu ritrovato solo mesi dopo e sepolto nel cimitero del Commonwealth a Montecorvino Pugliano in provincia di Salerno. nel brano estratto la lettera che il Capitano Frank Rogaly invio ai genitori del pilota dopo averne individuato il luogo di sepoltura
per gentile concessione di Vincenzo Campiello e Letizia Musacchia
Vite Parallele
Walter Archibald Elliot e Carlo Carucci
“Questa pubblicazione è stata realizzata non solo come un diario di guerra ma per raccontare un pezzo di storia contemporanea nel quale si sono create e sono state alimentate visioni identitarie Questa pubblicazione è stata realizzata non solo come un diario di guerra ma per raccontare un pezzo di storia contemporanea nel quale si sono create e sono state alimentate visioni identitarie tra persone (e lealtàreciproca) tra le persone. Vuole anche offrire alcuni messaggi a favore del controllo dei conflitti umane e delle positive conseguenze della ricerca della pace“.
Con questa prefazione Lord (Walter) Archibald Elliot introduce il suo racconto dell’esperienza a Salerno “Esprit de Corps – a scot guarda officer on Active service 1943 – 1945.
Elliot, che al ritorno in patria diventerà un eminente giurista, è uno di quelle migliaia di ragazzi che dalle brume britanniche vengono catapultati dal ventre delle navi alleate sulle spiagge italiane.
Elliot ha compiuto 21 anni da pochi giorni, il 6 settembre, quando comincia la sua esperienza di guerra in Italia, come riferisce nel libro il piano operativo della 201 Guards Brigade era piuttosto nebuloso. In mare fu prima comunicato che avrebbero appoggiato gli americani in un attacco all’aeroporto di Napoli, successivamente il piano “over-optimistic” fu cambiato e venne assegnato un luogo di sbarco a nord del fiume Tusciano.
Tutti convocati sulla nave per l’ultimo briefing ascoltano un annuncio improvviso:
“Il megafono della nave squillò a tutto volume e annunciò con toni profondi e burberi a un pubblico sbalordito che, al comando del maresciallo Badoglio, l’esercito italiano si era arreso. Questo esercito italiano di 35 divisioni doveva ora venire in aiuto dei vincitori. Sembrava una passeggiata dell’ultimo minuto e grida di ‘La guerra è finita! La guerra è finita!’ si sentiva da ogni parte. Gli uomini inciampavano lungo le passerelle per andare a raccontare ai loro compagnie erano rimasti a dormire la drammatica notizia. Coloro che avevano segretamente sperato in una cancellazione dell’attacco di domani si sentirono improvvisamente di nuovo molto coraggiosi e addirittura defraudati di una degna opposizione. […] Ci siamo riuniti tutti sul ponte di buon umore nonostante un sergente veterano scettico accanto a me dicesse: ‘Jerry non ce la farà passare liscia, signore!’“
Il diario di Lord Archibald Elliot è molto interessante perchè, a partire dallo sbarco nella zona del Tusciano, nel settore Roger, racconta la storia della sua unità che operò nella zona di Battipaglia e offre dei riscontri anche alle narrazioni di altri protagonisti, quali quella del professore Carlo Carucci, professore di Olevano che dalla sua abitazione, posta in altura, descrive lo svolgimento della battaglia vista con gli occhi dei civili italiani.
Elliot e la Scot Guard, di cui faceva parte, percorrono un “itinerario” bellico tra quelli maggiormente critici, la direttrice per Battipaglia. Nel suo racconto la battaglia per il tabacchificio, la stazione e il contrattacco tedesco, con l’inattesa svolta della cattura da parte dei tedeschi e la rocambolesca fuga verso Olevano.
Li, dove Carlo Carucci osserva i movimenti della guerra, il giovane soldato viene prima accolto trionfalmente come “liberatore”, poi, capito il suo stato di fuggiasco, viene nascosto dagli abitanti di Olevano nella grotta di San Michele, un luogo impervio e lontano dalla città nel quale avevano trovato rifugio i cittadini di Battipaglia in fuga dai bombardamenti.
Significativo l’aiuto ricevuto da parte dei soldati italiani nascosti nelle grotte, per tutti gli italiani incontrati Elliot ha parole e commenti che talvolta sfociano in pittoresche rappresentazioni, ma sono anche di sincero apprezzamento.
Max Melamerson, Riccardo Dolker e Jacob Sturm
A Vietri sul Mare e Ferramonti di Tarsia si intrecciano le storie di di tre persone le cui vite vengono travolte dalla seconda guerra mondiale. I primi due incrociano le loro vite a Vietri mentre i secondi passano entrambi per il campo di concentramento di Ferramonti: le loro vite seguiranno poi tre percorsi diversi ma per fortuna tutti sopravviveranno al conflitto.
Max Melamerson, ebreo polacco, giunge a Vietri per sfuggire al clima pesante e grazie alla sua abilità imprenditoriale riesce a creare un’azienda che contribuisce alla storia della ceramica vietrese. Affida a Richard Dolker la produzione artistica della manifattura in un periodo in cui arrivano a Vietri artisti del Nord Europa che creano, dal nulla una comunità artistica nuova: Bab Hannash, Elsie Scwarz, Liesel Opel a cui si affiancano giovani ceramisti locali.
La produzione vietrese si trasforma fondendo il colori del sud con le suggestioni delle tradizioni del nord, si passa da una produzione prettamente industriale a quella artistica da cui trae origine l’attuale arte vietrese della ceramica. Max è abile e riesce anche ad avere ottimi rapporti con le autorità, riesce addirittura a diventare fornitore di Palazzo Venezia a Roma. Il sodalizio con Dolker finisce per incomprensioni, la fabbrica viene chiusa a causa delle leggi razziali e Melamerson con la moglie Flora finiscono internati a Ferramonti. Nel Campo, per un periodo finisce anche il piccolo Jacob Sturm
In una intervista (CDEC Archivio reference) registrata a Gerusalemme da Liliana Picciotto nel 1991 Jacob racconta di come la sua famiglia, giunta a Milano nel 1939, venga deportata inizialmente a Ferramonti dove però optano per l’internamento “libero” e si trasferiscono a Pavia. Giunge anche per loro l’arresto, la separazione dai genitori, che non vedrà mai più, e il viaggio verso Birkenau dove incontrerà nuovamente, per poco, il fratello, ucciso nel campo.
Dolker, dopo aver lavorato in un’altro laboratorio ceramico tornerà in Germania, ma richiamato nell’esercito finisce sul fronte orientale dove viene catturato, Rientrerà in Germania a fine guerra
Melamerson tornò a Vietri dove cercò di recuperare qualcosa di ciò che gli era stato tolto, si trasferì infine a Roma.
Jacob scampò alla sua esecuzione sul finire della guerra con una fuga nei boschi